Sostare.
É un verbo con un potere invisibile.
Non lo conoscevo fino ad un anno fa.
"Sosta nel pensiero". Son stata invitata a farlo, più e più volte, fino a capire come farlo, perché farlo.
Non è fermarsi, non è rallentare, né una richiesta di tempo.
Piuttosto è un rimanere, accogliere, sedersi di sopra, farci un giro intorno, sospettare e sorriderci, domandarsi.
Sostare nella tristezza.
È quello che faccio da giorni. Non sapessi come farlo sarebbe deleterio, doloroso fino a voler perdere i sensi, da rifuggire il più in fretta possibile.
Qui e ora invece, io e questa tristezza siamo unite in un grande abbraccio, di quelli dati per assorbire le lacrime dell'altro nel proprio maglione.
La stringo forte perché è preziosa.
È la somma di tutto quello che è stato di me in questi tre anni e mezzo di vita, su un'isola del Mediterraneo.
Sapere che sarò felice tra qualche settimana a migliaia di chilometri da qui e trovarmi ripiena di questa profonda tristezza, mi rassicura e mi inorgoglisce.
Mi sussurra all'orecchio: "Ti sei trovata nel mondo, su questa piccola isola, hai trovato il meglio di lei e lei ha trovato il meglio in te”.
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